GAME DESIGN NELLA DIDATTICA – parte 2

GAME DESIGN NELLA DIDATTICA – parte 2

Forse è questo insegnare: fare in modo che a ogni lezione scocchi l’ora del risveglio”
(Daniel Pennac)

Dopo aver parlato, nella prima parte, di creatività, contesto di apprendimento e di cosa significhi portare la realizzazione di un gioco da tavolo con un gruppo di bambini o ragazzi, sia a scuola che in ambito socio-educativo, qui continuiamo la nostra analisi parlando di competenze e di come inventare un gioco in classe possa essere uno strumento adeguato per potenziarle.

Uno degli obiettivi del game design in classe è quello di fornire ai bambini e ragazzi, degli strumenti che possano aumentare la propria consapevolezza e autostima, ponendoli al centro del loro stesso percorso educativo e favorendone l’autonomia.
Il gioco crea contesto di apprendimento e favorisce l’acquisizione di competenze e attraverso l’appropriazione di un metodo le mette alla prova.

Nel corso di formazione ideato con il Centro Studi Erickson, abbiamo pensato di approfondire questa connessione importante con le competenze.

Rileggendo le indicazioni europee sulle competenze, abbiamo identificato tre finalità che si possono raggiungere con questo approccio:

  1. Rendere lo studente consapevole di quello che sa e di quello che dovrà imparare, della sua responsabilità personale nel percorso di apprendimento, che seppur faticoso, è facilitato dalla “gioia ludica” dell’imparare.
  2. Stimolare un atteggiamento di “ricerca curiosa” che aiuta ad alimentare un’attenzione verso l’apprendimento non solo a scuola, ma anche in altri ambiti e in prospettiva futura per tutto l’arco della vita.
  3. Educare lo studente a rispondere a domande semplici sul proprio vissuto di apprendimento. Che cosa sto facendo? Perché? Da cosa derivano le mie difficoltà? Cosa ho imparato? Come sono cambiato? Com’è mutato il mio pensiero e il mio punto di vista?

Proviamo a trasferire questi concetti in tre azioni concrete relative all’invenzione di giochi nell’ambito dell’apprendimento.

La prima attività riguarda le competenze relative alla decodifica di un testo. Immaginiamo quanto possa essere complesso e allo stesso tempo utile la lettura di un regolamento, la sua comprensione e infine il passaggio dalla teoria alla pratica, cioè dalle regole al gioco effettivamente svolto. Questa competenza si associa anche alla scrittura del regolamento, che avrà più fasi, dalla stesura delle idee iniziali, alla realizzazione di un prototipo e quindi l’utilizzo delle idee, sino alla scrittura definitiva del regolamento, in modo che sia chiaro a chi non ha mai incontrato quel gioco.

La seconda attività riguarda il gioco stesso, sia nella sua fase di conoscenza, nel caso di un gioco esistente, che successivamente nella fase di ideazione e costruzione di un nuovo prodotto. In entrambi i casi è necessario essere in grado di correlare informazioni, dati, regole, creare strategie, immaginare soluzioni alternative a un problema.
Nella dimensione del game design significa esplorare un gioco, identificare le meccaniche e poi trasferirle in un’idea personale, un modo semplice e naturale per rendere visibile l’apprendimento.

La terza attività è strettamente correlata all’autovalutazione e al confronto con gli altri grazie allo strumento del playtest, cioè quella fase che mette alla prova il gioco.

Durante quest’azione è necessario creare una scheda per raccogliere dati e informazioni sul gioco, migliorare a partire dalle critiche costruttive di chi l’ha provato.
Si parte con una scheda proposta dal docente, realizzata in funzione dell’età e delle competenze de gruppo, successivamente i ragazzi potranno modificare la scheda aggiungendo o eliminando informazioni più o meno utili al processo di game design, si entra quindi in una reale co-progettazione tra tutti, infine anche la scheda verrà testata durante le prove dei giochi, in modo da verificare la validità dello strumento.

Abbiamo esplorato tre possibili attività del processo iterativo del game design e come queste possano essere correlate alle competenze, già questi semplici spunti possono dare vita a molte riflessioni su come usare tali strumenti durante l’apprendimento. Nel prossimo e ultimo articolo tutto ciò sarà potrà correlarsi alla creazione di un modello, un metodo di lavoro, che può essere applicato anche a contesti differenti, daremo valore al processo come focus di apprendimento e a quanto sia necessario renderlo visibile.

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